mercoledì, marzo 14, 2007

Cinema e ideologia



Periodicamente si ritorna sull'argomento. Tipo quando esce un film di Clint Eastwood, c'è quello che dice che è un grande regista anche se non è di sinistra (oui, c'est toi, Max!). A me è capitato l'altro giorno di rivedere La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi e, quindi, di ritornare sull'annosa questione, visto che ho trovato tanto bello il film quanto irritante il messaggio (forse era suggestione, ma mi è parso di percepire una certa insofferenza del laico pubblico della Cinémathèque française di fronte alla crescente vis predicatoria del film). Pressochè un capolavoro dal punto di vista tecnico - i tempi dilatati senza perdere il ritmo, lo studio della luce e della fotografia, la bravura (e il fascino) di Rutger Hauer e chi più ne ha più ne metta (una nota di biasimo solo al doppiaggio, veramente marcio, di questa versione italo-francese) - il film porta una messaggio assolutamente irritante per chi tenti, nella sua vita, di non soccombere ai sensi di colpa indotti dalla morale giudaico-cristiana. Il concetto di fondo è: il peccatore (tutti noi) non riesce a raggiungere dio, perché è fondamentalmente una specie di tossico incapace di perseguire un fine, ma può ricevere la grazia se crepa provandoci. Io credo che il tossico sia tale proprio perché preti-rabbini e compagnia bella gli hanno detto che lui è una nullità indegna, sporca e cattiva, e giù sensi di colpa, finché non diventa veramente quella gorna insaziabile di peccatore capace solo di strisciare e di pentirsi per poi ricadere nella tentazione.