domenica, giugno 17, 2007

L'avvocato del Terrore



Niente da dire sull'interesse storico enorme di questo documentario su Jacques Vergès; misteriosa figura di avvocato e di intellettuale francese di origine vietnamita, difficilmente collocabile in un quadro ideologico, idealista e cinico al contempo, difese con passione le cause anticoloniaste così come i maggiori criminali internazionali. Non che ci si debba più di tanto rompere la testa sulle sue scelte, quanto piuttosto il fatto di collocarle storicamente e politicamente costituisce un'ottima chiave di lettura per analizzare il processo che, dalle lotte anticolonialiste e di emancipazione politica degli anni '50 e '60, ha portato all'attuale idea di terrorismo e alla criminalizzazione di qualsiasi rivendicazione.

Detto ciò, va precisato che cinematograficamente il film è veramente nullo. Una serie di lunghissime interviste condite con qualche filmato di repertorio, ma neanche tanto.
Le scene tratte da un capolavoro come La battaglia di Algeri, sono le uniche parti esteticamente rilevanti, il che non sarebbe un problema, se il film riuscisse comunque a tener viva l'attenzione dello spettatore, ma questo purtroppo non è il caso. Dopo la prima ora subentrano noia, secchezza delle fauci, sonno ed insofferenza, il tutto condito da uno spiccato senso di colpa per il fatto di non essere avvinti dalla dialettica storica. Detto ciò e considerando che il film dura 2 ore e 15 mn, il mio personale consiglio è di vederselo in casa per fare qualche pausa e, eventualmente, prendere qualche appunto.
Curiosa la carriera di Barbet Schroeder: sceneggiatore, regista, produttore e attore (in Mars Attacks e in Beverly Hills Cop III) è passato con disinvoltura dai Cahiers du Cinéma ad Hollywood, dove ha realizzato un bel film come Il mistero von Bulow ma anche qualche porcheria. Un tipo versatile. Simpatico comunque.

lunedì, giugno 11, 2007

Sound figo per le tose spaccaculi.

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Per chi vuole sentirsi la simpatica musica del film di tarantino.
http://rs50.rapidshare.com/files/23455065/quand_tintin7.rar.
Evitate di metterla su in macchina che poi vi viene voglia di andare a fare le coppe tirando il freno a mano e vi andate a schinciare sul metrobus e poi finite sul Mattino.
Elzago.

giovedì, giugno 07, 2007

Tarantino e Charlie Hebdo



Il noto settimanale satirico francese, responsabile della pubblicazione delle famose vignette incriminate perché poco rispettose di culti e credenze varie, è una tra le poche fonti di critiche cinematografiche intellettualmente oneste. Qui sopra il disegno che illustra la recensione di Death Proof (titolo francese: Boulevard de la Mort) uscita sul numero di ieri. A chi volesse approfondire i riferimenti cinefili del nuovo film di Tarantino si impone come minimo l'analisi semiologica di Vanishing Point (In italiano, Punto zero, da cercare col mulo poiché in DVD non è data versione nostrana) di Richard C. Sarafian, storia di uno che scommette di arrivare in California dal Colorado in meno di 15 ore, e quella dell'ottimo Christine la macchina infernale di Carpenter, opera inquietante e assolutamente fondamentale alla comprensione dell'ambiguo rapporto tra il maschio umano e la sua autovettura.

Death Proof


Confermo la dichiarazione dello zio Fulvio: il nuovo Tarantino è fico. E parecchio anche. Qui c'è stato anche l'applauso finale del pubblico. Forse si poteva sperare anche in qualche episodio di violenza catartica. Era dalla copia restaurata de Il grande dittatore che non sentivo un applauso in sala! Su Libé oggi il corrispondente francese di Silvestri scriveva che Tarantino fa film proustiani, perché anche lui cerca di ricreare il suo tempo perduto, quello della sua infanzia trascorsa nelle sale di serie B a guardare, tra gli altri, tanti film di inseguimenti. In fondo non si può dire che non sia vero, nonostante la differenza di stile. A noi però sembra anche molto shakespeariano e non sappiamo neanche spiegare perché. La cosa che fa veramente piacere sono le donne spacca-culo: una formula semplice ma efficace che inverte gli sterotipi del peggior cinema (no, non il peggiore, c'è sempre Crialese, a proposito chissà se in qualche sala di periferia c'è un ragazzino che si è visto Nuovo Mondo e che tra vent'anni lo citerà come cinema trash degli anni '00 nel suo film cult) e trasforma le ex-pupe in vendicatrici, invulnerabili e sanguinarie che al confronto Lady Macbeth è una dilettante. Regia di gran classe.

martedì, giugno 05, 2007

Il lamento del Serpente Nero


Vorrei innanzitutto tranquillizzare (o disilludere) coloro che si fossero imbattuti nei soliti commenti da maniaci repressi sulla carica erotica di questo film: il serpente nero non è un'allusione alle pubenda di Samuel L. Jackson alle prese con Cristina Ricci nelle vesti di una ninfomane alienata. E vero, lei era la zoccola della scuola ma ora sta con Justin Timberlake e tutto andrebbe bene se lui non decidesse di andare in guerra per poi trovare lavoro e lasciare una volta per tutto l'infame paesello di trogloditi nazistoidi. Dopo la partenza del fidanzato, il passato violento di Rae (Cristina Ricci) riaffiora portartando la giovane all'abienzione, all'autodistruzione e soprattutto a Tehronne, che però in realtà la rispetta. Comunque poi fortunatamente è Lazarus a raccoglierla mezza morta sul ciglio della strada e a curarla con il blues. Detto così sembra molto kitch, ma in realtà il film è veramente ironico e riesce ad essere anche ad essere tenero senza alcuna retorica. Dal punto di vista estetico accontenta un po' tutti: dai patiti del fetish a quelli del blues senza dimenticare Russ Meyer. Merita perché è qualcosa di nuovo e perché ha una colonna sonora di tutto rispetto che invitiamo tutti a reperire e a diffondere.